Piccole Donne – film vs libro

Da fan sfegatata di “Piccole Donne” non potevo non andare a vedere il nuovo film tratto da questa splendida saga (ora si chiamerebbe così, visto che la storia è composta da ben quattro libri, anche se se ne conoscono decisamente meglio i primi due, ossia “Piccole donne”, appunto, e “Piccole donne crescono”).

Ero molto eccitata all’idea di andare a vedere il film, perché avevo letto svariate notizie sulla pellicola e pensavo di andare a colpo sicuro, ero abbastanza certa di sedermi e iniziare un viaggio meraviglioso nel mondo delle sorelle March che da bambina ho tanto amato.

Non è stato esattamente così e a breve ve ne spiegherò il motivo. Prima un breve riassunto della storia

La trama

Il film, come il romanzo, narra la storia delle quattro sorelle March, Mag, Jo, Beth e Amy, che si amano molto, nonostante abbiano caratteri molto diversi.

Meg (interpretata da Emma Watson) è la più concreta, sogna il grande amore, di avere una famiglia e dei figli. Essendo la maggiore, ricorda bene gli anni in cui la famiglia March era benestante e li rimpiange un po’, soffrendo per le continue privazioni cui la famiglia è costretta negli anni della Guerra di Secessione.

Jo (Saoirse Ronan) è una sognatrice ribelle, vorrebbe diventare una grande scrittrice e odia le limitazioni che il suo essere donna le impone nella società dell’epoca.

Beth (Eliza Scanlen) è timida, introversa, un piccolo angelo del focolare, legata alle piccole cose, alle sue bambole, alla musica e alla famiglia da cui si stacca malvolentieri.

Amy (Florence Pugh) è la più piccola e la più graziosa, per questo cade a volte nella trappola della vanità e dell’ambizione sociale. Come Meg, soffre per la modestia della propria famiglia, ma, al contrario della sorella maggiore, Amy non si limita a sospirare per qualcosa che non ha facendosene ben presto una ragione, bensì pensa a come conquistarlo.

Alla storia delle quattro sorelle March, che attendono il ritorno del padre dalla guerra a fianco della loro saggia e amorevole madre (interpretata da Laura Dern) che le educa e le guida, s’intreccia quella dei loro vicini di casa, i Lawrence: un vecchio ricco e scorbutico che, dopo aver perso la figlia, vive con suo nipote Theodore, detto Laurie (Timothée Chalamet).

Il film fa partire la storia al contrario, rispetto ai libri: le sorelle March sono grandi, ciascuna con la sua vita: Meg è sposata con John Brook, l’istitutore di Laurie; Jo è a New York, ha conosciuto Friedrich Bhaer (Louis Garrel), un povero, ma colto e gentile professore di origine tedesca, e cerca di coronare il suo sogno di diventare una scrittrice; Amy è in Europa con la zia March (interpretata da Meryl Streep), nella speranza di diventare una pittrice e di trovare un marito benestante, e ha inaspettatamente rincontrato Laurie; Beth è rimasta a casa con i genitori ed è malata.

Continui flash beck ricordano la giovinezza delle ragazze, aprono scorci sulle loro vite e su quelle degli altri personaggi: le avventure, i piccoli e grandi drammi quotidiani, i primi amori.

Beth a un certo punto si aggrava e le vite delle quattro sorelle, che si erano per un breve periodo separate, tornano a intrecciarsi, in un epilogo ormai ben noto, ma che non svelo per rispetto di chi non avesse letto il libro né visto il film.

Il mio commento

Come anticipato all’inizio dell’articolo, il film non mi ha convinto del tutto.

La fotografia è splendida, rende perfettamente le atmosfere; alcune immagini sembrano prese dalle cartoline e dalle illustrazioni dell’epoca.

Gli attori, specie le attrici, danno prova di grande talento, sono tutti molto bravi e decisamente nella parte. Non c’è nulla da dire, una grande performance attoriale, soprattutto della Ronan che interpreta Jo in modo magistrale. Avrei qualcosa da dire solo nella scelta di Louis Garrell nella parte del professor Bhaer: è decisamente troppo giovane e figo, persino più di Laurie, e questa è una concessione al giovane pubblico femminile. Comunque bravo anche Garrell.

Vi spiego ciò che mi ha fatto un po’ storcere la bocca.

Tutto il film è permeato di nostalgia per il passato, è malinconico, incentrato sul ricordo. Anche nelle scene che dovrebbero essere più allegre e vitali, il film lascia presagire che tutto muterà presto e che il futuro sarà ben diverso dai sogni e dalle speranze della giovinezza, soprattutto per Jo, che è la figura chiave del film.

Ecco, questo non mi è piaciuto, il mood nostalgico mi ha disturbato.

Non perché non vi sia nel libro, c’è, assolutamente. Tutta la storia di “Piccole Donne” è incentrata sul concetto chiave della crescita, su quanto possa essere difficile e doloroso, a volte, quel passaggio che separa l’infanzia dall’età adulta.

Eppure la bellezza del libro, secondo me, sta proprio in questo, nel rendere in modo meraviglioso la spensieratezza, la gioia, l’ottimismo delle sorelle March, nel mostrare il loro slancio verso il futuro che si presenta come un cielo azzurro, appena velato da qualche leggera nube.

La durezza della realtà si intuisce poco a poco, dapprima con il padre in guerra, poi con le ristrettezze della povertà, con le maldicenze altrui, con la malattia, con gli addii e gli allontanamenti, con la malattia e infine con la morte.

Le piccole donne diventano grandi e ciò che prima era assoluto diventa relativo; dove prima c’era una cesura netta, un bianco o nero, si forma una zona di grigio; i sempre e i mai diventano forse, chissà; quel che sembrava eterno si mostra nella sua caducità.

Credo che “Piccole donne” sia un capolavoro eterno proprio perché riesce o mostrare senza mai dirlo esplicitamente che cosa significhi crescere, diventare grandi, adulti.

Lo fa senza retorica, senza parole inutili, senza bisogno di incredibili colpi di scena, ma lo fa in modo potente e vero.

Il film a mio avviso ha tentato di ricalcare questo intento, ma non è riuscito a replicare l’efficacia del libro perché, appunto, si è un po’ ammantato di retorica, di troppi escamotage narrativi, dimenticando quello che nella storia funziona meglio: il contrasto.

La regista Greta Gerwig ha velato tutto il film sin dall’inizio di malinconia. Il libro gioca, invece, sul contrasto, sul prima e sul dopo, sulla spaccatura della crescita, alternando continuamente, come accade nella vita, emozioni e sentimenti diversi.

In questo modo, la storia nella pellicola perde di spessore e diventa un po’ troppo di maniera, per i miei gusti, pur rimanendo di base piacevole per trascorrere una serata in compagnie delle sorelle March.

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