Home » Racconti a puntate » Ancora Bologna – 2° parte
Incredibili le coincidenze della vita. Dopo tanti anni, passando davanti alla sua città con il treno, aveva pensato a Norma ed eccola lì, si era incredibilmente materializzata davanti a lui con i capelli spettinati, la fronte imperlata di sudore e la borsa viola, semi aperta, che le pendeva su un fianco, ricolma di dio solo sa cosa.
Per un attimo aveva pensato a un’allucinazione, a uno scherzo della vista, a un’apparizione dettata dal suo desiderio. Perché nell’istante in cui aveva pensato a lei, si era accorto di quanto gli mancasse. Invece Norma era lì, vera e rumorosa, che tentava di sistemarsi e sorrideva alla donna che occupava il sedile di fianco a lei.
Corrado nascose meglio il viso dietro il giornale, non era sicuro di voler essere visto da Norma che, complice il quotidiano, non sembrava averlo ancora riconosciuto. Il passato è passato, pensò, inutile rivangare, meglio lasciarsi quel che è stato alle spalle.
Corrado conduceva una vita tranquilla, insegnava matematica in un liceo, si era sposato dieci anni prima con Elsa e avevano avuto due bambini, due maschi, di quattro e otto anni. Avevano un mutuo che grazie alla loro oculata gestione finanziaria riuscivano a pagare ogni mese senza problemi e la loro casa era sempre linda e accogliente.
I loro figli erano carini, gentili e ben educati. Corrado doveva ammettere che Elsa era bravissima con loro, molto più di quanto lo fosse egli stesso, ed era anche riuscita a mantenere il proprio lavoro in un’assicurazione di Bologna, grazie al quale, con le provvigioni, guadagnava spesso più di lui.
Una vita tranquilla, con i suoi alti e bassi, ma generalmente serena e soddisfacente. Corrado, quando ci pensava, si sentiva un uomo fortunato.
E ora Norma. Corrado abbassò il giornale quel tanto che bastava per sbirciare e osservarla. Era concentratissima, leggeva il suo giallo tenendo il viso così vicino alle pagine che egli si chiese come riuscisse a distinguere le lettere. Corrado vedeva solo la sua coda di cavallo sopra il libro e le mani che lo reggevano, dalle unghie smangiucchiate come quelle di un’adolescente. Ricordava bene il suo vizio di morderle con voracia quando era nervosa e ricordava anche quando metteva lo smalto nero sui mozziconi di unghia rimasti. Diceva che erano rock, a lui sembravano terribili, eppure non riusciva a smettere di guardarle. Gli facevano l’effetto di un film horror.
Ricordava quelle mani che stringevano le sue quando gli doveva far coraggio prima di un esame, oppure quando affondavano dentro l’impasto del pane che ella amava tanto fare. Gli veniva malissimo, duro come un pezzo di roccia, ma lei non demordeva e glielo rifilava ogni volta chiedendo “Com’è?”, con occhi speranzosi. Non aveva mai osato dirle quanto fosse cattivo. Lo prendeva, lo masticava, sperando di non rimetterci un dente e le diceva che non era niente male. A dire che fosse buono, proprio non riusciva, ma a lei andava bene lo stesso.
Norma. Che casino che era. Però ora era lì, davanti a lui. Fece due lunghi respiri e decise di parlarle: se il destino gliel’aveva posta di fronte, in un treno affollatissimo, doveva esserci senz’altro un motivo, forse il loro cerchio non era ancora chiuso. E poi aveva voglia di farlo.
«Leggi ancora i gialli!»
Disse la prima frase che gli venne in mente. La vide abbassare il libro, appoggiarsi meglio allo schienale, sgranare gli occhi e poi aprire la bocca. Era stupita, era chiaro, però gli rispose con prontezza: «E tu leggi ancora i giornali.»
Corrado sorrise, era evidente che anche lei ricordava bene. Lo chiamava “l’intellettuale” e lui le dava dell’ignorante, perché non s’informava a dovere, la cronaca e la politica non rientravano di certo nelle sue priorità. Ma leggeva molto, proprio la passione per la letteratura li aveva fatti conoscere e, in un certo senso, li aveva allontanati.
Gli tornò in mente quel pomeriggio di tanti anni prima, quando si erano conosciuti in biblioteca. Norma cercava un libro di Borges ed egli era al suo primo giorno da stagista proprio lì dentro. Certo, gli avevano spiegato come cercare i titoli nell’immenso catalogo, ma non aveva mai provato da solo, così quando quella ragazza dai capelli ricci gli aveva chiesto aiuto era andato nel pallone. Alla fine, ridendo, erano riusciti a trovare insieme il volume e Corrado, per farsi perdonare la goffaggine, aveva deciso di offrirle un caffè. Il primo dei tanti che avrebbero preso insieme negli anni a venire.
Il bar fuori dalla biblioteca divenne il loro punto d’incontro: Corrado lavorava mezza giornata in Sala Borsa per contribuire al suo mantenimento universitario e Norma andava spesso a studiare nella sala di consultazione. Quando Corrado finiva il turno, uscivano insieme e andavano a prendere un caffè. O meglio, Corrado prendeva un decaffeinato e Norma un alcolico. Corrado le diceva che era un’alcolizzata, lei rideva e spesso faceva anche il secondo giro.
Corrado poi andava a casa a studiare, Norma usciva con gli amici e continuava la serata tra i locali di Bologna. “Bella la vita!” le diceva lui e Norma gli dava del vecchio, tutto studio e lavoro. “Si vive una volta sola!”, continuava Norma, e lei di vita dentro ne aveva parecchia, così tanta che a volte strabordava e la travolgeva.
Corrado non lo avrebbe mai ammesso, ma la invidiava. Invidiava quella capacità che aveva Norma di lasciarsi andare, di vivere l’attimo, di non pensare al domani. Lui al domani pensava eccome, aveva già pianificato il futuro, con tutti i passi da compiere per raggiungere gli obiettivi che si era prefissato. Dopo quattro anni si sarebbe laureato, poi l’abilitazione per l’insegnamento, il lavoro subito dopo e poi magari la pubblicazione di un libro. Di certo una moglie, dei figli, una bella casa. Nel frattempo studiava e si dava da fare, non aveva tempo per le serate a zonzo. Che gli altri lo deridessero pure, lui non era un figlio di papà, non poteva permettersi colpi di testa, e poi aveva un piano.
Tutto, in effetti, era andato secondo copione, senza sbaffi. La laurea, l’abilitazione, il lavoro, la casa, la moglie, i figli. Solo il progetto del libro tardava a concretizzarsi, voleva scrivere un manuale di matematica per le superiori, ma quando si metteva al computer gli uscivano parole di canzoni al posto dei numeri. A volte pensava al suo sogno di bambino, quello di diventare un grande musicista. Il sogno era stato ovviamente accantonato, ma talvolta si ostinava a riaffacciarsi nel suo cuore, soprattutto quando andava a qualche concerto.
Gli occhi scuri di Norma lo scrutavano con un’espressione indecifrabile. Chissà se lo trovava invecchiato.
«Come stai Norma? Saranno passati quindici anni.», le chiese.
«Già…», rispose lei con un sospiro.
Quindici anni. Chissà com’era stata la vita di Norma.
«Ti trovo in gran forma.» le disse.
«Anche tu sei in forma.» replicò Norma.
Sì, lui era in grande forma, andava a correre quasi ogni sera. Quando aveva più tempo arrivava addirittura a San Luca e quando era là, con tutta Bologna sotto di lui, a volte ripensava a quell’unico bacio che si erano dati. Un bacio impacciato, forse il peggiore che avesse mai dato in vita sua. Se ne era vergognato, tanto da scusarsi subito dopo. Di solito non era così maldestro con le donne. Non capiva, allora come adesso, perché lei gli facesse quell’effetto. Avevano riso, imbarazzati entrambi per quel momento d’intimità che non si era più ripetuto.
Si accorse allora che le stava accarezzando una mano. Non avrebbe voluto farlo, come allora non avrebbe voluto baciarla. Ma lo stava facendo. Una forza su cui non aveva controllo lo spingeva ancora verso di lei.
La voce registrata di Trenitalia annunciò l’imminente arrivo a Bologna. Corrado si riscosse, si staccò da lei di colpo e iniziò a raccogliere le sue cose. Le disse qualcosa, sicuramente qualcosa di banale, e si allontanò agitando la mano.
Solo quando i suoi piedi poggiarono sull’asfalto si accorse che stava trattenendo il fiato. Fece alcuni lunghi respiri, poi prese il cellulare..
«Ciao tesoro, sono io. Sì, sono arrivato ora in stazione, tra mezzora al massimo sono a casa. I bambini come stanno? Sì, certo che ho portato qualcosa per loro. Anche io… a dopo.»
La voce di Elsa lo riportò definitivamente a terra. Era tornato a Bologna, alla sua vita. Si voltò verso il binario, ma il treno, con Norma, era ormai solo un minuscolo puntino grigio in fondo al binario.