Home » Racconti a puntate » Rodolfo, il drago fifone (Cap. 1)
C’era una volta un drago. Era un animale grandissimo, con ali potenti e artigli spaventosi, aveva occhi verdi come il veleno e sputava fiamme alte come un palazzo.
Ma… era un fifone! Non ci credete? Eppure è così! Un animale così grande, terribile e forte, era più fifone di un coniglietto appena nato! Tutto lo spaventava, soprattutto i bambini e gli altri animali. Per questo il drago rimaneva sempre chiuso in una grotta e quando sentiva dei passi o un fruscio sospetto, gridava “Uoooooo” e sputava fiamme, così tutti, terrorizzati, scappavano via.
Tutti gli animali avevano imparato a stare alla larga dalla sua grotta e Rodolfo, così si chiamava il drago, si sentiva al sicuro.
Ogni tanto, però, doveva pur mangiare e per farlo era costretto a uscire. Di giorno si sentiva troppo scoperto, di notte ovviamente aveva paura del buio, così usciva al tramonto. Rodolfo si muoveva guardingo tra i cespugli, nascosto dalle foglie. Se sentiva qualche rumore o vedeva un animale, si fermava e rimaneva immobile finché tutto non tornava tranquillo. Se vedeva un bel frutto maturo, allungava una zampa e slurp, lo prendeva e lo mangiava in un sol boccone! Quando era sazio, tornava nella sua tana a dormire.
Ogni sera, prima di chiudere gli occhi, guardava le stelle e pensava che erano molto fortunate a stare lassù tutte insieme, vicine, vicine, così potevano chiacchierare e ridere delle cose buffe che accadevano in cielo. Lui invece era solo e triste, nella sua grotta silenziosa. Chissà se da qualche parte c’erano altri draghi sensibili come lui e chissà se anche loro avevano paura di tutto, oppure erano coraggiosi? Questa era la domanda che si poneva ogni notte, prima di addormentarsi.
Sognava spesso una bellissima valle piena di draghi dai mille colori che facevano un grande girotondo e lui era proprio al centro, rideva, si divertiva e non aveva per niente paura. Poi si svegliava ed era di nuovo tutto solo, impaurito, nella sua grotta.
Un mattino Rodolfo si svegliò con la sensazione che ci fosse qualcosa di diverso nella sua tana. Sbadigliò, si stiracchio, si strofinò gli occhi e poi li aprì. Davanti a lui c’era la faccetta rosea e sorridente di un bambino! Un bambino! Non c’era niente che lo spaventasse di più!
“Uooooooo”, Rodolfo gridò minaccioso, ma senza sputare fuoco, perché voleva solo spaventare il piccoletto, non voleva fargli del male. Il bambino però non sembrava affatto spaventato, anzi si mise a battere le mani tutto eccitato dicendo: “Wow, che bello, un drago vero! Dai, fallo ancora! Sai anche sputare fuoco?”
Rodolfo era terrorizzato da quella creatura minuscola e si alzò mostrando gli artigli.
“Ehi, ma sono lunghissimi, sono veri? Posso toccarli?”, disse ancora il bambino, battendo le mani, per nulla spaventato, poi si alzò e si mosse verso di lui.
Rodolfo non sapeva più cosa fare e iniziò a far uscire fumo dalle narici.
“Wow, ma sei proprio un vero drago, non sei finto come quelli del parco giochi!”
Così dicendo il bambino gli saltò addosso e lo abbracciò. Rodolfo cadde a terra, quasi svenuto per la paura.
“Ehi, signor drago, non stai bene?” gli chiese Pat, così si chiamava il piccoletto.
Rodolfo tremava dalla paura.
“Signor drago, tu tremi, hai la febbre, ora ti curo io come fa la mamma con me!” e gli diede un bacino.
“Adesso ti copro bene, bene con queste foglie e vedrai che starai meglio!” disse ancora.
Rodolfo era molto stupito: nessuno lo aveva mai abbracciato e baciato e nessuno gli aveva mai detto cose così gentili, era una bella sensazione!
“Signor drago, sai parlare? Come ti chiami?”, gli chiese Pat.
Il drago, ancora sconvolto e tremante, provò a parlare: “Ro… Ro… Rodolfo, mi chiamo Rodolfo.”
“Wow, sai parlare, un drago parlante, non ci posso credere, oggi è il giorno più bello della mia vita, non vedo l’ora di dirlo alla mia amica Sara! Ti chiamerò Rudi, posso? Io mi chiamo Pat, cioè in realtà mi chiamo Patrizio, ma gli amici mi chiamano Pat e a me piace di più e siccome noi ora siamo amici io ti chiamerò Rudi!”
“A… A… Amici?”
“Sì, certo amici! Rudi e Pat amici!”
“Rudi e Pat… amici!” il drago ripeteva le parole del bambino come se fosse un pappagallo e sbatteva gli occhi dallo stupore. Per tanto tempo aveva sperato e immaginato di avere amici, ma pensava ad altri draghi come lui, non certo a un bambino.
“Rudi, Rudi, ti sei imbambolato? A cosa pensi?” gli chiese Pat.
“I draghi e i bambini non possono essere amici!” disse Rodolfo.
“E perché, chi l’ha detto?” gli chiese Pat.
Già… chi lo aveva detto? Rudi ricordò la sua mamma Dora, un grande drago rosa famoso nel mondo per aver bruciato interi castelli. Mamma Dora rimproverava sempre Rodolfo perché non aveva un’aria abbastanza minacciosa, perché era timoroso, perché non era bravo a sputare fiamme e tornava sempre a casa in lacrime, bruciacchiato dagli altri draghetti che lo prendevano in giro. Quando succedeva lei gridava e soffiava fumo dalle narici e Rodolfo si sentiva peggio di prima.
Mamma Dora gli aveva insegnato che i draghi devono essere forti, che non devono piangere e frignare, che devono essere minacciosi e spaventare tutti. Rodolfo più che un drago si sentiva un uccellino, allora. Sarebbe stato volentieri a cantare sugli alberi facendo felici gli altri, invece di terrorizzarli, ma guai a dirlo a mamma Dora!
Un altro insegnamento della mamma era stato che i più grandi nemici dei draghi sono gli esseri umani. Se con un altro animale poteva avere pietà, con un umano mai! Pat, per quanto piccolo, era di certo un uomo e questo non sarebbe piaciuto a mamma Dora.
“Draghi e bambini non posso essere amici – ripeté allora Rodolfo – l’ha detto la mia mamma!”
“Oh, se è così ti lascio in pace, vado via… la mamma bisogna ascoltarla. Io ogni tanto faccio il discolo e mi becco le punizioni!” disse Pat, fingendosi allegro. In realtà gli dispiaceva molto salutare quel simpatico drago che aveva appena conosciuto. Anche Rodolfo era dispiaciuto e non voleva veramente che il suo nuovo e unico amico se ne andasse via. Mamma Dora, in fondo, era lontana da un bel po’ di tempo ormai, era andata a cercare nuovi castelli da bruciare, e di certo non era un male se nel frattempo lui stava un po’ con Pat!
“Domani ritorni però?” chiese allora Rodolfo.
“Se vuoi sì!” rispose Pat, illuminandosi tutto in volto.
E così da quel giorno Rudi e Pat furono amici e iniziarono a passare tutti i pomeriggi insieme.
Il bambino andava dal suo amico drago e lo faceva uscire a forza dalla tana. Se Rodolfo saltava di paura nel vedere un ragno, Pat gli faceva notare che quel povero ragnetto era un essere minuscolo in confronto a un drago sputafuoco e che, se voleva, poteva schiacciarlo in un nanosecondo o bruciarlo con le sue fiamme. Rodolfo allora si tranquillizzava, anche se non si sarebbe mai sognato di schiacciare o bruciare un povero ragnetto.
Mano a mano che i giorni passavano Rodolfo imparò a uscire anche da solo, perfino di giorno.
Il piccolo Pat era il suo eroe, era sempre coraggioso e non aveva paura di niente e di nessuno!
Un giorno i due amici passeggiavano tra gli alberi, chiacchierando come al solito. Pat faceva sempre un mucchio di domande a Rodolfo, gli chiedeva cosa si prova a volare, come si fa a sputare fuoco, se aveva mai bruciato un castello… il drago gli diceva che lui non volava perché aveva paura dell’altezza, che non sputava fuoco perché aveva paura di incendiare il bosco e che non aveva mai visto un castello, nemmeno da lontano, perché preferiva stare nella sua amata grotta.
Pat rimaneva allibito dalle parole di Rodolfo. Aveva sempre immaginato i draghi come creature terribili, invece il suo amico era buono, sensibile e anche un po’ fifone!
Un giorno, per scherzare e prendere in giro Rodolfo, Pat disse: “Ma che razza di drago sei?”
Rodolfo divenne subito serio e un velo di tristezza calò sui suoi occhi verdi. Eh sì, lo sapeva bene di essere strano, glielo dicevano sempre anche gli altri draghi, quando era cucciolo.
“Non valgo nulla come drago” sussurrò allora Rodolfo.
Pat capì che senza volerlo aveva ferito l’amico.
“Rudi, ma cosa dici? Tu sei il più grande dei draghi!”, disse allora.
“Il più fifone, vorrai dire!”
“Non sei fifone, sei solo timido.” Gli disse Pat “E sei un grande drago perché hai un cuore grande!”
Rodolfo non era molto convinto e quella sera tornò nella sua tana con la coda tra le zampe.
Pat pensò che doveva trovare il modo di aiutare Rudi a credere in se stesso, ma non sapeva proprio come fare. Decise di andare a dormire, ci avrebbe pensato il giorno dopo!
L’indomani i due amici si incontrarono come al solito. La notte aveva cancellato i brutti pensieri, come spesso accade. Rudi e Pat andarono a fare la loro solita passeggiata, chiacchierando allegri.
All’improvviso si sentì un rumore provenire da dietro un albero. Pat pensò che fosse il coniglio che abitava lì vicino e si avvicinò. Ma non era un coniglio a muoversi tra gli alberi, bensì un orso immenso e affamato! Quando Rodolfo vide quell’animale feroce, si girò e scappò via terrorizzato, senza guardarsi indietro, ma dopo aver corso si accorse che Pat non era con lui. Il suo cuore si fermò per un attimo: era stato così codardo da lasciare solo il suo piccolo amico! Lui, un drago grande, grosso e potente, capace di volare e sputare fiamme, aveva lasciato solo un bambino indifeso! In un attimo ricordò tutte le parole che il bambino gli aveva detto il giorno prima: “Rodolfo tu sei grande e forte, tu puoi sconfiggere tutti, sei il più grande drago del mondo perché hai un cuore grande!
Dov’era finito il suo cuore? Si chiese. Dov’era finito se aveva avuto il coraggio di lasciare Pat da solo? E così Rodolfo raccolse tutto il suo coraggio e spalancò le immense ali per la prima volta, iniziò a sbatterle forte come aveva visto fare alle aquile e si alzò in volo. Volò sopra gli alberi, sopra il bosco e in men che non si dica, con la sua vista acuta, vide Pat fra le zampe dell’orso. Si sentì arrabbiato, con l’orso e con se stesso, e iniziò a soffiare fumo dalle narici, lanciando il suo terribile “Uoooooo”. L’orso, sentendo quel verso spaventoso, alzò gli occhi e vide Rodolfo, immenso e arrabbiato, che volava sopra di lui. Un orso è ben piccola cosa in confronto a un drago, e così l’animale pensò che era meglio scappare. Caricò il bambino sul dorso e iniziò a correre tra gli alberi, per nascondersi alla vista del drago. Rodolfo, senza pensarci un istante, lanciò una fiammata e incenerì le foglie, così l’orso fu di nuovo allo scoperto.
“Lascia andare quel bambino o sarà peggio per te!” gridò il drago che, nonostante la rabbia, voleva salvare Pat senza fare del male all’orso. L’animale lasciò andare il bambino immediatamente e scappò a grandi falcate.
Rodolfo scese in picchiata. “Pat, stai bene?” gridò, spaventato.
Il bambino sorrise: “Sì, sto benissimo, mi hai salvato! Lo dicevo io che eri il più grande drago del mondo! Hai visto come se l’è data a gambe quell’orsaccio?”
Rodolfo si sentì sollevato e felice come mai in tutta la sua vita e abbracciò il bambino.
Forse davvero era un drago forte e coraggioso!
In quel momento un’ombra grande e scura coprì il sole e sul bosco sembrò calare la notte.
“Che succede ancora?” chiese Pat.
Rodolfo sapeva cosa stava succedendo, conosceva bene quell’immensa ombra scura: era mamma Dora (…)