La fuga

– Dici che ci troveranno Silvio?
– È probabile, è molto difficile muoversi senza lasciare tracce.
– Che cosa pensi che ci faranno?
– Niente di peggio di ciò che ci farà il tempo se restiamo qui, cara. Hai paura?

Iole guardò il viso di Silvio solcato da rughe profonde, le sopracciglia cespugliose e disordinate come i capelli che avevano resistito tenaci allo scorrere degli anni, cedendo solo un po’ del loro colore. Lo trovava bellissimo, ogni volta che incrociava il suo sguardo chiaro e ancora spavaldo sentiva un brivido scorrerle lungo la schiena, come se fosse una ragazzina. Anzi, nemmeno da ragazzina aveva provato una sensazione così, nemmeno per suo marito in tanti anni di matrimonio. Chi l’avrebbe mai detto che avrebbe scoperto l’amore a settantasei anni suonati? Quell’amore che ti fa dimenticare che hai la pelle avvizzita, che le gambe non sono più affidabili, che ogni mattina e ogni sera devi prendere così tante pasticche che ormai hai perso il conto. Quell’amore che, nonostante gli anni, la saggezza e il buonsenso che dovresti avere acquisito, ti porta a fare follie. E quella che stavano facendo insieme, lei e Silvio, era una follia, una pazzia bella e buona. Se li avessero ritrovati, i loro figli li avrebbero sbattuti di certo in un ospizio. Ma cosa ne sapevano i giovani di cosa vuol dire invecchiare, guardare in faccia la morte ogni giorno e sentirsi, però, ancora disperatamente vivi?

Iole pensò che non le importava delle conseguenze del loro gesto e non le importava nemmeno di cosa avrebbero pensato i suoi figli, aveva dedicato loro tutta la vita e la giovinezza. La vecchiaia era sua, si era guadagnata il diritto di vivere almeno gli ultimi anni come voleva, senza dover rendere conto a nessuno. Voleva vedere il mondo e voleva vivere quel folle amore che la vita in modo inaspettato le aveva donato. Sorrise, guardò il mare, prese la mano di Silvio e rispose:

– No amore, non ho più paura, andiamo.

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